In questi tempi difficili, segnati dal coronavirus, tempi di restrizioni e di rinunce, di paure e di solidarietà, fermiamoci ancora a parlare di bellezza, la cui fruizione è il risultato intrinseco di una funzione complessa della nostra mente. Essa, infatti, si sviluppa, strano a dirsi, a patto che sia possibile fare i conti con la morte. La bellezza ci dà una importante lezione: la possiamo accogliere solo se sappiamo stare nella impermanenza. Vediamo di capire meglio che cosa questo significhi.
La prima cosa da dire sulla bellezza, infatti, è che su di essa non abbiamo nessun controllo. Il bello ci tocca il cuore e lo chiama alla apertura, ma questo accade quando meno ce lo aspettiamo. Possiamo anche metterci davanti ad un tramonto o ad una opera d’arte, ma non è detto che questo ci susciti alcunché. Rimaniamo lì davanti, sappiamo che è bello quello che vediamo, ci ricordiamo di quanta impressione ci ha fatto in altri tempi, ma quel giorno non ci muove nulla. Poi, magari andando distrattamente per strada, persi nei nostri pensieri, ci cade l’occhio sulla prima gemma sbocciata dallo stentato alberello della aiuola al lato della via e ci vengono le lacrime agli occhi; ci colpisce nel profondo quella testimonianza della forza della vita, che si rinnova anche nei luoghi più ostili. Ci richiama a quanto di noi non si arrende, a tutto ciò che ha saputo sopravvivere alle intemperie, che ha creduto nella possibilità di un domani anche nei momenti più bui e un nuovo moto di speranza sgorga in noi, chiamato ad essere da quella stessa primavera che ha sussurrato alla gemma che era il suo tempo.
La bellezza ci prende sempre alla sprovvista, quando meno ce lo aspettiamo. La prima lezione che ci dà è, dunque, la mancanza di controllo connaturata a tutto ciò che conta davvero. Lezione non facile con cui fare i conti, soprattutto i questi tempi in cui temiamo per la nostra vita e per quella delle persone che amiamo…
La seconda lezione, più difficile se possibile della prima, è che non dura. Quell’istante magico, quel momento che sembra funzionare come una chiave che apre la serratura del nostro cuore, opera per un istante soltanto. Quell’attimo di grazia in cui tutto sembra perfetto e a noi pare di essere proprio al posto giusto nel momento giusto, in cui la nostra perenne sete di qualcosa d’altro viene placata, non può essere replicato a piacimento e nemmeno può durare più di un soffio. Quando ce ne rendiamo conto, è già passato. Se cerchiamo di contrastare questa sua qualità intrinseca e serriamo la presa, il varco si chiude e noi restiamo solo con l’amarezza e il risentimento. Scrive William Blake a proposito: “Chi lega a sé una gioia, distrugge la vita alata: ma chi bacia la gioia in volo, vive l’alba dell’Eternità”.
La bellezza è una maestra esigente, ci chiede di aprirci a ciò che più temiamo: l’impermanenza e la mancanza di controllo. Si concede alla resa. Ci nutre, solo se sappiamo farci umili e vulnerabili. In Cina, da cui tutto quello che sta accadendo ha avuto inizio, si dice che il grano da frutto solo quando china la testa. Forse in quello che sta accadendo c’è una lezione da imparare. Credo che la bellezza, più del dolore e della fatica, ci possano insegnare questa lezione.